Mia

Parole dolci come il miele
(Le mie fiabe africane, Nelson Mandela)
Dapprincipio le scimmie non erano agili e mingherline come oggi. Erano animaletti panciuti e pelosi che si muovevano lentamente.
Per Sankhambi, il briccone, era un bello spasso seguirle quatto quatto e tirare loro la lunga coda. Il che faceva infuriare le scimmie, così dalla cima degli alberi lo bombardavano con semi e rametti quando lui se ne stava steso a sonnecchiare al sole.
A Sankhambi questa faccenda delle scimmie non piaceva affatto, e un giorno decise di affrontare la cosa: «Mie care amiche» disse con voce dolce e un luccichio negli occhi maliziosi, «voglio dirvi un grande segreto.»
«Non gli credete, è un altro dei suoi trucchi malvagi», ammonì la scimmia più anziana.
Ma Sankhambi implorò e supplicò le scimmie di ascoltare quel suo segreto davvero speciale. E poiché loro sono animali naturalmente curiosi, discesero lentamente dagli alberi e si avvicinarono passo dopo passo di scimmia. «Mi piacerebbe potervi fare un piacere» disse Sankhambi, con una voce dolce come il miele. «Lassù sulla montagna, accanto al grande lago, c'è una caverna e, in fondo alla caverna, c'è un'enorme arnia piena di miele dorato. Io sono l'unico a saperlo. Venite con me, vi mostrerò la strada.»
Le scimmie ingorde si misero subito in fila dietro di lui, pensando solo alla delizia dorata che le attendeva. Finalmente Sankhambi le condusse lungo una sporgenza della montagna fino all'ingresso di una caverna in parte coperta da un tetto di roccia sospeso. «Entrate, amiche» le invitò generosamente.
Ma non appena le scimmie furono dentro, Sankhambi cominciò a battere forte i piedi cosicché dei tonfi riecheggiarono per tutta la caverna. «Amici» strillò fingendosi terrorizzato «il tetto comincia a crollare. Tirate su le braccia e reggetelo bene. Io corro a cercare dei pali per fissarlo. Restate dove siete, non muovete neppure un muscolo, e reggete bene!»
Le scimmie fecero esattamente così: rimasero immobili, con le braccia tese sopra la testa per bloccare il tetto e non farlo sprofondare. Rimasero immobili. E ancora immobili. Difatti non osavano muoversi, altrimenti il tetto della caverna sarebbe crollato loro dritto in testa. Oh, se solo Sankhambi fosse tornato in fretta con quei pali!
Sankhambi, invece, stava già trotterellando giù verso il lago. «Che branco di scimmie!» rideva sguaiato, e andò in un posticino al sole per farsi indisturbato un bel sonnellino pomeridiano.
Per tutta la calura del giorno e in mezzo al freddo della notte, le scimmie rimasero immobili come pilastri di pietra a reggere il soffitto della caverna con tutte le loro forze. Fu solo quando la luce del giorno cominciò a baluginare a oriente che la scimmia più anziana all'improvviso ebbe un'idea: con cautela staccò un dito, poi un altro, poi tutta la zampa, poi anche l'altra...guardò le facce sudate delle sue compagne accanto a lei e capì che Sankhambi si era preso gioco di tutte loro! E quando posò lo sguardo sui loro corpi, vide che erano completamente cambiati. Con tutta quella fatica, quel sudore e quello stare dritte immobili per reggere il tetto della caverna, le scimmie erano diventate magre e snelle.
Ed ecco perché, ancora oggi, le scimmie riescono a muoversi sugli alberi con tanta agilità.